giovedì 21 settembre 2017

Bool - Fly With Me (2017)

Un bentornato a tutti i nostri fedeli lettori. Con i venti d’autunno ormai arrivato, oggi ci apprestiamo a raggiungere la Germania per dare un’occhiata ai Bool e al loro album Fly With Me.

  In base a quanto conferma la stessa band attraverso la sua pagina ufficiale, i Bool nascono ufficialmente nel 2007, anno in cui pubblicano il loro primo EP No Return, diventando nel 2008 band di supporto per VIVA-Band Debbie Rockt nel loro tour tedesco. Una delle loro creazioni – You and Me – del loro EP è stata addirittura utilizzata da aziende come HP, Intel, Microsoft in alcune delle loro campagne di marketing, cosa che ha di non poco attirato l’attenzione verso la band stessa. Nel 2008 pubblicano il loro secondo EP Gift Pack, e nel 2009 il loro terzo lavoro My Spirit che ha portato la band ancora più in alto sulla scala della notorietà soprattutto in Inghilterra e Danimarca. Fly With Me comincia a vedere la luce nel 2016 grazie alla collaborazione della band con Jon Caffery e il produttore musicale Wolfgang "Stackman" Stach ed è l’album che quest’oggi andremo a recensire per i nostri lettori.

Il punto di partenza ce lo offre la traccia Here We Are, con il suo iniziale piacevole riff di chitarra che fa ben sperare e manifesta già una certa energia. Seguono tutti gli altri strumenti in ritmo stuzzicante ma non debole. I toni sembrano quietarsi un attimo all’attacco della voce, poiché la chitarra si abbassa di volume (ma non scompare), lasciando percepire all’ascoltatore soprattutto la batteria e il basso. Potrebbe essere un trucco per sottolineare già da subito le caratteristiche vocali del cantante? Chi lo sa. La voce non va mai oltre le sue reali possibilità, così da non risultare quasi stridula come a volte capita con band che si etichettano sotto un genere simile. Bello il gioco sulla chitarra fatto di sottofondo alle parole “fly with me”. La voce non è acuta come già affermato ma versa su timbri leggermente più tenebrosi. I membri della band giocano bene nell’alchimia voce/strumenti, segno che si tratta di un gruppo che già mastica album e tour da molti anni ormai. Soul Train è una traccia più breve rispetto alla precedente. Ancora una volta la chitarra dà le battute d’inizio, tuttavia è quasi da subito accompagnata dalla voce principale, che risulta più cavernosa, con tinte quasi elettroniche. Solo in un secondo tempo si notano batteria e basso, non prepotenti come nel brano precedente, nemmeno nel ritornello dove si impongono di più. Risultano più pressanti soltanto in alcune sezioni di passaggio tra strofe e ritornelli, compresi i riff di chitarra che ogni tanto compaiono qua e là. Con Shut Up ci troviamo di fronte alla traccia più lunga dell’intero album (poco più di 5 min) e il trucco è quello di cercare di capire se la band riesce a mantenere bene le proprie caratteristiche positive e l’attenzione del lettore anche sulle “lunghe distanze”, per così dire. Sempre i riff di chitarra come battuta iniziale, che vertono verso sonorità più sinuose e intriganti prima di dar spazio alla voce principale, accompagnata nelle prime battute non da chitarra, ma da basso e batteria in misura maggiore, come era accaduto nel primo brano. La chitarra appare, meno aggressiva, ma nei ritornelli e in alcune delle sezioni di passaggio tra una fase di sviluppo e l’altra della canzone, con quei riff sinuosi e intriganti iniziali. Da notare anche la sezione quasi totalmente atona, tranne per la voce e il basso presenti, sintomo che la band sa ben giocare anche con tutti gli strumenti per arrivare a determinati effetti.

Kick Arse presenta echi che, se non sapessimo ancora cosa ci aspetta, ci farebbero pensare quasi all’intro di una canzone indie. Dopotutto però sono i Bool, quindi questa illusione cade quasi subito appena sentiamo la chitarra serpeggiare in sottofondo. Un punto in più va sicuramente alla band per saper porre qualcosa di diverso in ogni traccia, per non ammorbare l’ascoltatore con un album fatto di canzoni uguali. Gran parte del merito va anche alla bravura con la chitarra. Nemmeno la batteria è da meno, come a voler dire al precedente strumento di smettere di fare la primadonna. Perfino la voce principale qui prova variazioni sulla zona delle note più acute, quindi tiriamo un sospiro di sollievo contro la monotonia, no? My Own Heaven inizia con le immancabili sezioni di chitarra a cui si aggiungono subito anche gli altri strumenti per poter dare il punto di decollo alla voce. In questo caso i Bool ci mostrano un lato più malinconico, come fanno notare le variazioni di ritmi, non così aggressivi come le tracce precedenti, portando quindi una nota di variazione piacevole per le orecchie di chi ascolta.

Revolution ci fa tornare ad atmosfere meno malinconiche e più energetiche. Torniamo a chitarre più incisive, batteria più molesta, contrasti di sezioni più potenti/meno potenti. Il ritmo fa ondeggiare la testa dell’ascoltatore a ritmo, segno che la band non è riuscita ad annoiarlo. Con Hey You abbiamo iniziali ritmi impostati da una chitarra dal sapore più acustico che elettrico, la quale accompagna la voce principale creando quasi un’atmosfera da canzone da tramonto sulla spiaggia. Questa variazione rispetto alle altre tracce permette di distendere l’atmosfera e di rende più godibile l’album. In sottofondo, l’ascoltatore attento può notare anche sezioni di violini. You and Me ci riporta invece alle atmosfere delle prime tracce. Siamo su musicalità molto meno tranquille, molto più agitate e che ci riportano sulla carreggiata dei suoni tipici dei Bool. In questo caso, si notano tutti gli elementi dei brani precedenti: contrasto tra le sezioni, usi prepotenti di chitarra e batteria, voce che si presta a vari esercizi su diverse vocalità. Un buon pezzo di passaggio tra una parte e l’altra dell’album, ma niente di così eccezionale da scriverci sopra un tema, ecco.

Desire mostra ancora una volta sezioni iniziali di chitarra. In questo caso poi la chitarra va quasi ad annullarsi per lasciare spazio a voce, basso e batteria fino al ritornello. Forse in questo caso troviamo sbilanciamenti dal punto di vista vocale, poiché qualcosa stona letteralmente nell’alchimia tra voce e strumenti. Ciò potrebbe essere imputabile alle sezioni dove la voce si presta a note più acute che non sempre forse riescono. Same Mistake mostra ancora una volta come i Bool puntino molto sul lavoro delle chitarre, che pian piano vanno a “tranquillizzarsi” ancora una volta. Così come con le chitarre, forse la band attua un abuso sui contrasti tra le energie dei ritornelli e quelle delle strofe. La voce comincia a perdere colpi verso l’ultimo terzo della traccia con quei contrasti vocali forse un po’ tirati per i capelli. I nostri lettori possono già capire che se le cose non vanno a cambiare nelle successive tracce, si rischia che un album che sembrava promettente possa davvero di non esserlo più. Yesterday mostra due leggeri riff di chitarra, uno più delicato e l’altro un po’ più deciso ma in stile Bool, intrecciarsi con sottofondo i piatti della batteria. Un intro piacevole che porta un cambiamento ben accetto. Ancora una volta, ci troviamo una traccia più melanconica, dove cerchiamo di capire se la band se la cavi o meno sulle lunghe distanze anche in questo caso. Di sicuro i ritmi non sono pressanti fino a far venire il mal di testa, tuttavia sembra mancare sempre qualcosa che possa trascinare nel proprio vortice l’ascoltatore. Love Is the Answer è la penultima traccia e sembra quasi esser il proseguo della precedente nel suo inizio. Qui si nota tuttavia una variazione rispetto alle tracce precedenti: i ritmi sono rallentati, si gioca anche con gli echi vocali e sono presenti i violini. Fortunatamente riusciamo a sentire bene anche la batteria che dà bene il suo apporto. Viene dato un maggior spazio agli strumenti, cosa che non accadeva nelle tracce precedenti. Una canzone suggestiva insomma. Right or Wrong richiama tantissimo le parti iniziali di altre tracce, come la precedente Love is the Answer. Si utilizzano ancora combinazioni di chitarre per dare l’appoggio iniziale. In questo caso però ci troviamo alla fine del nostro percorso con i Bool che ormai con questa traccia ci danno l’arrivederci. Torniamo su sonorità che, sotto tutto l’apporto più grezzo di batteria e chitarra e forse in virtù delle sezioni vocali, suonano anche malinconica. In questo tipo di tracce i Bool riescono sicuramente a fare molto meglio rispetto a brani più “agitati” e aggressivi.

Cosa ne pensiamo di questo album? Beh, da un lato ci viene presentato un lavoro che fa ben comprendere come dietro ci sia un gruppo che ha una storia di anni alle spalle. C’è sinergia, alchimia, gioco di squadra. I Bool hanno ormai affinato il loro stile musicale. Allo stesso tempo, questo album non risulta essere perfetto per una serie di ragioni: da un lato – come si evince dalla nostra analisi – le tracce si basano quasi sempre su uno stesso schema iniziale composto essenzialmente di sezioni di chitarre. Allo stesso tempo, possiamo vedere la presenza costante in ogni brano di contrasti di sezioni tranquille/agitate che non sempre funzionano come si deve. Sebbene la band mostri variazioni tra una traccia e l’altra, non sempre queste sono ben riuscite, come abbiamo già affermato su alcuni degli ultimi brani. Si punta forse troppo sulla chitarra quando il basso potrebbe benissimo fare un ottimo lavoro. Forse anche alla batteria non è dato il giusto spazio perché la voce e la chitarra tendono ad imporsi troppo. In alcuni casi abbiamo anche arrangiamenti vocali che sembrano quasi tirati troppo per i capelli, lasciandoci insoddisfatti dopo l’ascolto.
Detto ciò, qui vi salutiamo e diamo appuntamento ai nostri lettori alla prossima recensione.
Alla prossima!

Voto: 75/100

Valetrinity  

Tracklist:

  1. Here We Are – 04:08
  2. Soul Train – 2:52
  3. Shut Up – 05:04
  4. Kick Arse – 04:17
  5. My Own Heaven – 03:24
  6. Revolution – 03:08
  7. Hey You – 05:01
  8. You and Me – 02:22
  9. Desire – 03:54
  10. Same mistake – 03:25
  11. Yesterday – 05:00
  12. Love Is the Answer – 04:21
  13. Right or Wrong – 04:54

Durata totale: 48:50

Lineup:

  • Karsten Dittberner - voce e chitarra
  • Michael Malfeito - chitarra
  • Mark Fröhlking - basso
  • Jens Geilert - batteria

Genere: alternative rock/grunge
Per scoprire il gruppo: il sito ufficiale dei Bool

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