giovedì 10 agosto 2017

Weezer - Weezer (The Blue Album) (1994)

Bentornati a tutti i nostri amici lettori. In questo giovedì dove l’Italia da un lato si rinfresca per le piogge e dall’altro si inaridisce per il caldo, abbiamo deciso di portarvi in viaggio verso la sempre celebrata musicalmente California per analizzare un album di cui ogni amante del rock degli ultimi venticinque anni dovrebbe almeno possedere una copia: Weezer (The Blue Album) degli omonimi Weezer.

Chi sono gli Weezer? Band formata da quattro membri e proveniente da Los Angeles, gli Weezer si formano nel 1992 in un periodo in cui per strada c’era ancora odore di grunge e punk rock, facendosi notare soprattutto grazie al loro primo vero e serio lavoro del 1994: Weezer (The Blue Album). Adesso all’attivo hanno dieci album, sei EP e un DVD. Tutto testimone del fatto che dopo tutti questi anni, sono ancora sulla cresta dell’onda.

Nonostante l’origine West Coast della band, The Blue Album è stato registrato a New York, prodotto dall’ex membro dei Cars Rick Ocasek sotto etichetta Geffen, e una delle tracce presentate dalla band in questo lavoro, Buddy Holly, è di sicuro uno dei video più divertenti da vedere per i nostalgici del telefilm Happy Days. Il tutto fu impacchettato in un periodo in cui venivano alla luce album come Dookie dei Green Day, Smash degli Offspring e Parklife dei Blur.

Quindi, che aspettiamo? Cerchiamo di capire che cos’ha questo album in più rispetto a tutti gli altri per esser considerato ancora tutt’oggi un must-have dell’alternative rock. Tutto incomincia con My Name Is Jonas: all’inizio ci vengono presentati degli accordi di chitarra non complessissimi, per poi continuare con sezioni ben precise di batteria che ci riportano molto alle atmosfere pop punk che cominciavano a (ri)nascere nello stesso periodo. Già la voce di Rivers Cuomo si pone - a livello di stile - perfettamente imperfetta, portando alla nostra mente un’immagine quasi da garage band ai primi esordi ma che ci piace. Questo altalenare di acuti sono molto lontani dalle raffinatezze a cui ai tempi ci si abituava dall’altra parte dell’atlantico con band come Blur e Oasis. Il tutto infatti risulta perfettamente scampanato e trascinante allo stesso tempo. Molto bella la batteria, soprattutto sui colpi a tre quarti della traccia. Il brano si chiude esattamente come si è aperto sia a livelli di strumenti che di parole. No One Else è la traccia successiva. La band si scaglia già da subito con fare aggressivo, soprattutto sulle sezioni di batteria. Nonostante questo, rispetto al primo brano, la canzone si presenta con un aplomb leggermente meno coinvolgente. Qui abbiamo un brano che riporta non solo al punk ma, perché no, anche i Green Day alla mente (da notare che Dookie era stato pubblicato proprio lo stesso anno) La voce di Cuomo però risulta meno improvvisata e molto più modulata e controllata rispetto all’inizio. The World Has Turned and Left Me Here più che il titolo di una canzone, sembra la descrizione di una situazione esistenziale. Abbiamo un’iniziale leggera apprezzabile variazione sui suoni della chitarra (quasi pseudo folk/ country si potrebbe osare?) a cui ben si combinano basso e batteria che forniscono parti quasi più grunge. Ritroviamo uno stile vocale leggermente rallentato rispetto alle tracce precedenti. Da notare infatti come Cuomo rallenti molto in alcune sezioni anche a livello della pronuncia effettiva delle parole. La chitarra, dopo un primo momento in cui sembra addolcirsi, in realtà poi riprende concorde agli altri strumenti. Si nota anche in misura maggiore un gioco calibrato sulle seconde voci. Rispetto alle tracce precedenti Buddy Holly è un must. Se volete qualcosa che vi prenda a livello di ritmo, che non vi intristisca ma anzi vi faccia venir voglia di ballare, è la traccia che fa per voi. Riff di chitarra, batteria non troppo pesante, voce scampanata, video musicale stupendo. Il tutto fa venir voglia di ballare e cantare. Alcuni riff di chitarra richiamano gli anni ’70 e la voce di Cuomo ritorna scampanata ma ben modulata. La parte migliore sicuramente risulta essere la sezione di chitarra prima dell’ultimo ritornello che ti fa venir voglia di fare airband da solo o in compagnia, quindi state attenti se siete in pubblico. Con Undone (The Sweater Song) abbiamo note più rallentate che ci ricordano i lati più soft del pop punk e portano l’ascoltatore in una sorta di trance, mentre allo stesso tempo son presenti voci che parlano di sottofondo. La canzone risulta più aggressiva sul ritornello (“if you want to destroy my sweater…”) e c’è molto più gioco su seconde/prime voci. Apprezzabile anche la sezione con chitarra a metà traccia. Quest’ultimo strumento è sempre ben giostrato e misurato senza essere prepotente nei confronti degli altri. Sulla seconda parte si nota ancora di più la contrapposizione tra timbro di voce più basso e calmo con quello più acuta e punkeggiante. Bello il crescendo degli strumenti a fine brano che provocano la sensazione di essere quasi sotto acidi grazie anche all’eco chitarra elettrica.

Surf Wax America ci presenta un ritmo basato inizialmente soprattutto dalla chitarra, che diventa più aggressiva solo una manciata di secondi dopo. La batteria si mostra invece più aggressiva tra i vari strumenti, anche se quest’ultimi non sono da meno. I piccoli intro dati dalla chitarra prima di ogni strofa sono molto suggestivi e ben si innestano sullo stile veloce di questa canzone. A metà però silenzio quasi assoluto. Si sente solo una sorta di triangolo e la voce principale pian piano contornata da seconde voci…. Ma quest’atmosfera non dura molto visto che poi riprendono i ritmi veloci. Che dire, un contrasto interessante e una buona canzone che ci porta ben spediti verso la seconda parte dell’album. Say It Ain’t So a confronto si mostra dapprima con un breve intro di chitarra quasi in solitaria. Pian piano si aggiungono voce e batteria ma in modo molto più soft rispetto a quello che ci aspetteremmo. Il ritmo di questa traccia è segnato soprattutto da chitarra e batteria, solo nel ritornello però ritornano le note più punk aggressive, come a dire di mettersi comodi ma non troppo. In In the Garage le iniziali note di armonica e chitarra danno poi l’avvio a una traccia con quello che è ormai il sound caratteristico di questa band in questo album: chitarra e batteria tengono sempre bene il ritmo mentre la voce principale ormai fa comprendere come il vociare un po’ scampanato sia davvero una cifra stilistica. Le sezioni in cui viene lasciato spazio alla chitarra risultano essere sempre interessanti come in ogni traccia qui presentata. Bello il contrasto vocale creato in coda al brano tra i vari timbri vocali. Su Holiday bello l’intro soprattutto sulla sezione di chitarra. Sebbene basato sempre sugli stessi elementi tarati su certi livelli stilistici, gli Weezer riescono sempre a presentare brani ben differenziati uno dall’altro, in maniera tale che si possano trovare sia gli elementi comuni tra una canzone all’altra, sia allo stesso tempo fare in modo che ogni cosa abbia un suo determinato spazio. Ritorna ancora una pausa quasi amusicale a metà di una traccia come successo già in precedenza. Schiocchi di dita e basso in questo caso accompagnano la voce principale a cui pian piano si aggiunge anche una voce secondaria a contrasto. Tutto ciò crea un ritmo difficile da non seguire e fornisce l’attacco per una parte più aggressiva con virtuosismi di chitarra e ritmi che stuzzicano anche chi non ascolta di solito questo genere di sound. Distorsioni di stampo punk su chitarra alla fine danno il tocco finale. Con Only in Dreams abbiamo un intro con note di basso che rendono tutto molto più intrigante e leggermente diverso rispetto agli attacchi iniziali dei brani precedenti. Uno dopo l’altro si aggiungono gli altri strumenti a portata della band, con la voce primaria che arriva più tardi di tutti. Si tratta inoltre della traccia più lunga dell’intero album (quasi otto minuti) e fornisce una chiusura che, seppur con un inizio alquanto lento, ben racchiude tutti gli elementi base del sound presentato dalla band. Da notare anche il crescendo nelle strofe a livello vocale che si annulla completamente quando sono presentate solo sezioni avocali, come se la voce seguisse l’intensità strumentale che porta al ritornello e gli strumenti seguano l’andamento della voce creando quasi un circolo vizioso. Come impressione generale quindi, l’ascoltatore può cogliere come la band riesca a lavorare senza annoiare anche su distanze molto lunghe, forse anche troppo. Su questa traccia il basso va a sentirsi molto di più, dando l’idea che ogni elemento strumentale possa avere il giusto rilievo. Dal quinto minuto inoltre si abbandona definitivamente la voce per lasciare spazio completo agli strumenti veri e propri, con vortici musicali della chitarra, battere incessante della batteria e distorsioni che coinvolgono molto bene l’ascoltatore e fanno capire come la band abbia davvero cercato di costruirsi un proprio sound e un proprio spazio di rilievo tra le band grosse che giravano ai tempi.

Seppur per certi versanti potremmo accostare alcune sonorità di quest’album al grande vortice grunge che nel 1994 stava già declinando, i Weezer con quest’album si pongono come una sorta di anti-Nirvana poiché il loro stile e le parole da loro utilizzate mostrano una leggerezza che il più delle volte non è presente nella corrente musicale precedentemente citata (basta solo pensare a tracce come la evergreen Buddy Holly). Ovviamente, non parliamo di una band e di un album totalmente perfetto. Ci sono sbavature, ci sono imperfezioni e scorrettezze che nel corso del tempo la band ha saputo aggiustare (come evidentemente mostra il fatto che ancora sono in giro a produrre album e a fare tour). Abbiamo brani troppo lunghi come Only in Dreams e anche brani più deboli a livello di struttura dell’intero album come No One Else, però non si può non dire che sia stato un album di cambiamento nel suo piccolo.
Alla prossima!

Voto: 90/100

Valetrinity

Tracklist:

  1. My Name Is Jonas - 03:24
  2. No One Else - 03:04
  3. The World Has Turned and Left Me Here - 04:19
  4. Buddy Holly - 02:39
  5. Undone (The Sweater Song) - 05:05
  6. Surf Wax America - 03:06
  7. Say it Ain't So - 04:18
  8. In the Garage - 03:55
  9. Holiday - 03:24
  10. Only in Dreams - 07:59

Durata totale: 41:13

Lineup: 

  • Rivers Cuomo - voce, chitarra
  • Brian Bell - voce e chitarra
  • Matt Sharp - basso
  • Patrick Wilson - batteria

Genere: alternative rock/pop punk
Sottogenere: emo rock
Per scoprire il gruppo: il sito ufficiale degli Weezer

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