giovedì 8 giugno 2017

Shipbone - Light Up the Sky (2017)

Ben ritrovati a tutti i nostri lettori. Come ben sapete, a noi di ARH piace compiere parecchi viaggi attraverso le recensioni che postiamo e anche oggi non siamo da meno. In queste giornate afose, tirate fuori i vostri cappotti che questa volta voliamo fino ad Helsinki, Finlandia, per conoscere gli Shipbone e il loro secondo lavoro pubblicato in questo 2017, Light up the Sky.

La band di cui parliamo è ancora ai primi stadi della propria crescita. Difatti nasce soltanto nel 2013 quando Tuomo Sipponen, frontman e chitarrista, decide di voler realizzare il suo sogno di pubblicare un album rock, cosa che riesce a fare quando la band nel 2014 pubblica Crud e nel 2017 l’album che stiamo per ascoltare. A detta della band, le principali influenze sul sound degli Shipbone si possono ritrovare in gruppi come Foo Fighters, Incubus, Faith No More e Biffy Clyro. Un bel mix insomma. Affrontiamo quindi l’analisi di questo loro album composto da dieci tracce con durata che varia tra i 5 e i 3 minuti.

Il colpo d’inizio lo fornisce il brano Hovering: primi accordi di basso e batteria ci portano verso melodie più delicate di quello che ci aspetteremmo, con un chiaro riferimento ai Foo Fighters (difatti in mente viene subito il brano Walk). I toni sono tuttavia più sommessi rispetto alla band made in USA. Per quanto riguarda la traccia, presenta un ottimo bilanciamento per essere un primo brano di partenza. La voce non è graffiante e fastidiosa e si contrappone nella sua armonia alle note e sezioni più aggressive date da basso e chitarra. Il tutto si presenta ben equilibrato e armonico. Belli i passaggi di chitarra a tre quarti della canzone, molto suggestivi e che poi riprendono il loro corso su note più grezze. La seconda traccia, Silent Sirens, si mostra con ritmi diversi decisamente. Parte con sezioni più aggressive che hanno in sé qualcosa anche di orchestrale. La voce riesce a variare sulla scala di acuti e altezze. Le chitarre e la batteria si mantengono continuamente su un ritmo veloce a confronto della voce che, allungando le parole, cerca di trasmettere i sentimenti di disperazione e tristezza al punto giusto. Da notare ancora un cambiamento di ritmi sempre verso il tre quarti del brano. Queste variazioni non fanno male all’armonia complessiva del brano, anzi, aggiungono note più heavy a grezze, con intercalare di strumenti che riescono a farsi valere senza la parte vocale. Real You presenta ancora note come di organo per dare un tono più teatrale al tutto, per poi interrompersi con uno sfoggio strumentale abbastanza veloce che, come una sorta di preludio, dà appoggio alla voce. Nelle strofe si nota anche la presenza di un lavoro sulle seconde voci. Come sempre ottimo il lavoro sulle chitarre e sui bassi. Il tutto volge alla creazione di un brano che ben riesce a intrigare l’ascoltatore quando è in vena di qualcosa di bello carico da ascoltare, compreso la sezione di chitarra prima della parte finale.

Burning Wings mostra ancora note quasi da organo che danno il via ad una traccia che sembra porsi su toni leggermente più leggeri rispetto ai brani precedenti. La batteria però imperterrita continua a mantenere la sua verve ritmata. C’è un gioco con le voci che crea un vago eco da canzoni anni 80 glam rock quando si appoggia alla parte strumentale (colpa quasi sicuramente della parte simil organo/tastiera che persiste di sottofondo). Il lavoro sulla chitarra rimane uno dei tratti migliori e peculiari della band e del sound da loro qui presentato. Nonostante l’alchimia variabile di brano in brano, le sezioni presentate finora sono sempre quelle che forniscono la maggior parte delle note più grezze e crude. Nel brano Flawless si può notare il lavoro di tastiere in sottofondo che ben si combina alla batteria per poi lasciare anche un po’ di spazio al basso. C’è un maggior lavoro a livello strumentale soprattutto nei ritornelli, sia per quanto riguarda gli strumenti veri e propri, sia per quanto riguarda la voce che varia in ampiezza ed estensione soprattutto nelle suddette sezioni. Nelle strofe si nota maggiormente la voce che gli strumenti che tacciono quasi del tutto. Da notare anche una sezione dove si inseriscono più prepotenti note sintetizzate e su cui si innesta un piccolo riff di chitarra. In When Hell Breaks Loose la batteria si fa subito più presente in combinazione con la chitarra. Le influenze su questa prima sezione da parte dei Biffy Clyro sono certamente più evidenti, anche se Tuomo Sipponen non ha la stessa peculiare verve di Simon Neil. I ritmi dati dagli strumenti si mantengono sicuramente in accordo con tutte le tracce precedenti anche se l’ascoltatore potrebbe a questo punto attendere una canzone con un ritmo molto più rallentato. Lo stesso vale per la traccia seguente, Twilight: subito si presenta un martellare di batteria e ritmi sostenuti di chitarre. Comincia a farsi risentire il fatto che, nonostante tutti gli ottimi elementi e l’ottimo lavoro, sembra quasi di ascoltare un’unica traccia da quanto il confine tra un brano e l’altro sia abbastanza sottile. Questo vale anche con questo brano che non apporta nulla di nuovo e sconvolgente a parte qualche sezione focalizzata soprattutto sul basso e un paio di sezioni avocali ben costruite.

In They Can Wait il ritmo dato dalla batteria si innesta inizialmente in unione alla parte vocale, lasciando in secondo piano la chitarra che non è mai troppo lontana. I ritmi sembrano meno esagitati ma è questione solo di quasi impercettibili rallentamenti grazie all’ausilio della voce che tende sempre ad allungare la pronuncia delle parole. Immancabile riff di chitarra. Con Traces in the Snow ci troviamo di fronte a ritmi apparentemente molto più soffusi e rallentati, come a richiamare la caduta della neve citata nel titolo. Finalmente una traccia abbastanza lenta che rilassa il cervello sovraccarico dell’ascoltatore. La chitarra è capace di mostrarsi in una modalità più acustica – anche se è presente una sezione a prevalenza elettrica- e la batteria usa principalmente cassa e tom. Una ripresa a ritmi quasi usuali per questo lavoro si ha soprattutto verso l‘ultima parte, con la batteria che applica anche l’uso di piatti per poi ritornare alla verve acustica di inizio traccia. L’ultima traccia è Dumb Parade. Colpi iniziali di batteria, chitarre aggressive e voce ci riportano un po’ allo stile dei Biffy Clyro, anche se forse qui l’immagine che davvero viene in mente è quella di una teenager garage band. È di sicuro una delle tracce più orecchiabili e meno “pesanti” di tutto l’album. Come sempre molto piacevole l’estro vantato dal lato delle chitarre con sezioni sempre ben accurate e variegate.

Cosa possiamo dedurre da un album come quello appena descritto? Di sicuro è stato fatto un bel lavoro sia a livello singolo di tutti gli strumenti, sia a livello di alchimia complessiva. L’equilibrio tra le varie parti non può essere altro che il frutto di un lavoro ben accurato e di un giusto dosaggio di ogni elemento. Allo stesso tempo, nonostante tutti gli elementi positivi già evidenziati nell’analisi track-by-track, sono presenti anche punti su cui la band deve assolutamente lavorare di più. Di sicuro l’elemento che pesa di più su tutto l’album è la lunghezza di ogni traccia che nella maggior parte dei casi supera abbondantemente i cinque minuti. Nel caso di questa band, sarebbe stato ideale proporre tracce più brevi e maggiormente concentrate: con le tracce così come sono presentate non sono capaci di mantenere l’attenzione dell’ascoltatore sul giusto binario per tutta la durata dei brani a causa della monotonia che tende a perpetrarsi dopo i tre minuti e mezzo per gli stessi elementi che si ripetono senza variazione alcuna. Altro punto di disturbo è la non variazione dei ritmi e degli elementi, i quali provocano nell’ascoltatore la sensazione di sentire una canzone lunga un’ora piuttosto che tracce ben distinte. Detto questo, il lavoro proposto è sicuramente di ottima fattura ma bisogna comunque fare attenzione a chi poi ascolta l’album, non solo al sound che si vuole proporre.
Alla prossima!

Voto: 75/100

Valetrinity

Tracklist:
  1. Hovering – 05:00
  2. Silent Sirens – 04:27
  3. The Real You – 04:41
  4. Burning Wings – 04:40
  5. Flawless – 05:09
  6. When Hell Breaks Loose – 04:10
  7. Twilight – 03:57
  8. They Can Wait – 03:57
  9. Traces in the Snow – 05:55
  10. Dumb Parade – 04:50
Durata totale: 46:41

Lineup:
  • Tuomo Sipponen – voce e chitarra
  • Erno Talvitie – chitarra
  • Ville Kiiski - basso
  • Janne Heino – batteria
Genere: alternative rock
Per scoprire il gruppo: la fanpage Facebook degli Shipbone

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