giovedì 18 maggio 2017

Eli Van Pike - Welcome to my Dark Side (2017)

Bentornati a tutti i nostri lettori. Quest’oggi noi di Alternative Rock Heaven abbiamo deciso di compiere un viaggio che dall’Italia ci conduce fino alle lande tedesche per parlare degli Eli Van Pike e del loro lavoro Welcome to my Dark Side.

Prima di tutto, chi sono gli Eli Van Pike? Qui si parla di un trio composto da Marc Vanderberg (chitarra, batteria, basso), Ken Pike (voce principale) e Thorsten Eligehausen (voce, tastiere e mix) che insieme hanno deciso di specializzarsi soprattutto nell’ambito dell’industrial metal combinato con la Neue Deutsche Härte e il dark metal. Insomma, generi non adatti ai teneri di cuore. Dopo un paio di singoli usciti nel 2016 e un EP nel 2017, la band ha deciso di far uscire il 14 aprile di quest’anno il suo vero primo album (oggetto del nostro articolo), Welcome to my Dark Side.

Welcome to my Dark Side è un lavoro che si snoda su 10 tracce il cui punto di partenza è il brano Made in Germany: le prime rullate elettroniche lasciano spazio a graffianti riff di chitarra e basso decisamente più heavy con le parti sintetiche forniscono una nota gotica. Il tutto ben si combina alla voce principale, che stranamente non risulta essere graffiante come ci aspetteremmo, ma molto più dolce e vellutata, al contrario della voce che le fa da contrasto, più spigolosa, cupa e graffiante. Voci spettrali si mescolano per poi lasciare definitivamente spazio a cori da sabba che l’ascoltatore forse si aspettava un po’ di più rispetto alla sezione precedente. Da notare il riff di chitarra a un terzo della traccia che, seppur posto in maniera prepotente, ricade ancora su alcuni toni gotici. I vari tipi di voce riescono ad alternarsi in maniera abbastanza funzionante, anche se tendono a primeggiare quelle a tendenza più cupa e gotica. I riff di chitarra sono le sezioni meglio strutturate e apprezzate della canzone. Herzschlag mantiene della traccia precedente sicuramente la parte sintetica che si snoda in parte come filo conduttore. Dopo alcuni brevi accenni sintetici, la chitarra e la batteria fanno in modo di occupare una sorta di sezione introduttiva alla parte vocale che, di natura sintetizzata, si mantiene sul cupo e tenebroso pronunciando parole in tedesco. Il ritornello sembra attenuare in parte la componente gotica sul lato vocale, creando un’ottima combinazione con le seconde voci. La chitarra e la batteria non scompaiono ma mantengono quasi inalterate le loro caratteristiche di supporto in questo brano. Riff del primo strumento citato sembra quasi immancabile. 1-2-Frei incomincia con una sorta di ritmo che sembra quello di un allarme, per poi porsi in maniera decisamente più carica e aggressiva (almeno, più aggressiva rispetto ai primi brani). La voce principale sembra che voglia intessere un incantesimo con la sua particolare lentezza rispetto al resto del brano, riuscendo ad esaltare anche quando gli strumenti sembrano attenuarsi d’intensità per alcuni secondi. Da notare i contrasti presenti tra voce più aggressiva e quella più vellutata e melodica e che produce una combinazione interessante dal punto di vista della melodia. World on Fire si approccia all’ascoltatore in maniera differente, in quanto la parte prettamente più truce e cruda del sound della band non si mostra subito. Nella prima sequenza infatti risaltano poco gli strumenti (assenti se non per la chitarra) ma molto di più la voce principale. I ritmi sono molto rallentati, come a segnare una pausa dalla frenesia, segno che la band riesce a lavorare su melodie di tipo differente senza alcun tipo di problema. La parte un po’ più metal tuttavia non è mai troppo lontana, giusto per rimanere coerenti con il resto delle tracce. Sebbene la voce sia molto lenta e vellutata, batteria e chitarra non si fanno remore a farsi sentire. Da contorno l’usuale riff di chitarra che sta diventando quasi un must per questi brani. Tears of War ci accarezza l’udito prima con dei lievi suoni come di campanelle, accompagnati in sottofondo dal rumore inconfondibile delle armi da fuoco, per poi evolversi in un brano dalle caratteristiche tipicamente aggressiva. Il tono da stregone (in lingua tedesca) ritorna. La chitarra sembra voler richiamare il rumore da armi da fuoco della sezione iniziale e ritorna la presenza della parte sintetica più gotica già presente nella prima traccia assieme al contrasto tra voce sintetizzata “cruda” e voce più vellutata. Fatto particolare: le voci si esprimono sia in lingua tedesca che in lingua inglese. One Last Rose comincia con la risata di un bambino, per poi lasciar spazio a batteria e chitarra molto abbassate di tono rispetto alle tracce precedenti. Ci troviamo di nuovo a una traccia con ritmi rallentati, anche se solo nelle strofe poiché la batteria batte impietosa. Entrambi i timbri di voci presenti in queste tracce sembrano volersi rallentare, andando a far scaturire un’opposizione tra quello che ci trasmettono in effetti le voci stesse e quello che più aggressivamente ci danno gli strumenti. In particolar modo sulla traccia sono rese più presenti le tastiere, che aggiungono un sapore in più al tutto. Peter, 41 ricomincia subito con la voce principale aggressiva e sintetizzata, che quasi sprigiona echi e viene supportata in maniera notevole sia da chitarra sia da batteria, tuttavia non ci dice niente di più delle tracce precedentemente ascoltate, sezione quasi d’assolo di chitarra inclusa. Welcome to my Dark Side è la traccia che ovviamente dà il nome all’intero album. L’inizio si muove su attenuate sezioni di chitarra combinata col basso, le quali permettono alla voce di fare il primo passo per dilungarsi lungo tutto l’arco del brano. Ancora una volta la voce principale canta in tedesco, tuttavia le tonalità più metal e gotiche non sono troppo lontane, così come il consueto contrasto tra le voci principali, caratteristica saliente di quasi ogni traccia. In realtà questo brano permette forse di apprezzare singolarmente ogni strumento utilizzato dalla band, il che può essere un punto a favore sulla nostra scala di valutazione. Amen è la penultima traccia e comincia subito d’impatto e in maniera aggressiva, lasciando dietro di sé le note più delicate della traccia precedente. Le voci cantano ancora in tedesco e, anche in questo caso, tutti gli elementi già caratteristici della band come l’uso di tastiere, l’assolo di chitarra e la costruzione musicale basata soprattutto su chitarra e batteria (con un tocco di tastiere) continuano a perpetrarsi senza indugi, rendendo questo brano quasi di passaggio. Ultima traccia è Valentine’s Day, caratterizzata da sezioni di chitarra dal sapore acustico. La lingua utilizzata è l’inglese. La brevità della traccia e l’utilizzo solo della chitarra permette di assaporare meglio la consistenza vocale dell’unica voce presente e permette di sottolineare come questa band molto spesso decida di giocare molto sia con i ritmi, sia con i tipi di melodia proposti.

Cosa ne possiamo dedurre da questo lavoro degli Eli Van Pike? Di sicuro ci troviamo di fronte a una band che ha lavorato molto sia sui singoli strumenti, che a livello di sound complessivo. Le parti di tastiere e i contrasti di voce, nonché i riff di chitarra e il supporto della batteria sono elementi che ben si calibrano a vicenda sia su tracce più truci che su quelle più morbide. Le poche pecche che possiamo denotare in realtà mostrano come quelli che sono punti di forza potrebbero avere una natura ambivalente: per quanto interessanti, i contrasti di voce creati su alcune tracce – soprattutto quelle di “transizioni” – potrebbero risultare alla lunga troppo monotoni, senza contare il fatto che forse si sarebbe preferito sentire un po’ di più la presenza della tastiera se non del basso, i quali vengono quasi del tutto soffocati dalla presenza della batteria e della chitarra. Un altro punto a sfavore che non ci permette di dare un bel voto pieno è la mancanza di una vera e propria traccia rappresentativa di tutto l’album, una sorta di emblema che lo possa rappresentare. Consigliamo solo di tenere in considerazione questi elementi per l’elaborazione del prossimo lavoro. D’altronde, non si smette mai di crescere, no?
Alla prossima

Voto: 75/100

Valetrinity89

Tracklist:
  1. Made in Germany - 04:10
  2. Herzschlag - 03:45 
  3. 1-2-Frei - 02:54 
  4. World on Fire - 04:02 
  5. Tears of War - 04:57 
  6. One Last Rose - 03:40 
  7. Peter, 41 - 03:34 
  8. Welcome to My Dark Side - 03:17 
  9. Amen - 02:59 
  10. Valentine's Day - 02:28   
Durata totale: 35:46

Lineup:  
  • Thorsten Eligehausen - voce e tastiera
  • Ken Pike - voce
  • Marc Vanderberg: chitarre, basso e batteria
Genere: industrial metal

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